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30 dicembre 2006
“Mi si nota di più se vengo o resto a casa?” Nanni incappa nelle risse subalpine Dopo 48 ore Nanni Moretti rinuncia a dirigere il festival di Torino. In una lettera a “La Stampa” dice che il clima è troppo arroventato dalle polemiche e che lui non se la sente quindi di lavorare con gioia ad un festival che ha sempre apprezzato. “Vi lascio alle vostre questioni di metodo, ai vostri rancori” conclude il regista. Intanto continua lo scambio di battute al vetriolo all’interno di quello che un tempo si definiva il clan Rondolino. Barbera sembra si sia dimesso dall’incarico di direttore del Museo del Cinema, Stefano della Casa dice che la rinuncia di Moretti è un danno incalcolabile per la città di cui solo Rondolino è responsabile e Rondolino se la prende con entrambi i suoi ex luogotenenti. §§§ Torino è la città che ha visto il trionfo delle Olimpiadi invernali, che è stata protagonista del rilancio della Fiat o è un paesello nebbioso, ai confini con la Francia, un po’ micragnoso che ha buone idee ma alla fine si perdono sempre in mille rivoli e battagliucce da fiera di paese? Torino è tutte e due queste cose. Perché, ricordiamoci, che anche i successi sopracitati sono stati dei veri e propri parti podalici, avvenuti a colpi di porte sbattute, incursioni da Roma per litigi e scandalucci tra clan. Senza contare che se la Fiat ad un passo dal baratro è rinata molto si deve ad un personaggio che era lontano anni luce (non solo geograficamente, ma proprio come mentalità) da Torino. Anni fa un mio amico transfugo da Torino diceva: “Se riesci a realizzare una bella idea a Torino nonostante ti tolgano la terra da sotto i piedi ad ogni passo, beh allora significa che puoi farla ovunque”. Insomma Torino è uno straordinario laboratorio di idee che poi però si perdono spesso in snervanti beghe tra clan, e quindi spesso vengono realizzate a Milano e a Roma. Di qui il piagnisteo del torinese tipico che continua sempre a snocciolare i primati della città, quelli di un tempo però: ex capitale, prima città del cinema e via di seguito. L’elenco è lungo e non vorrei ammorbare i non torinesi. In questo contesto, le prospettive del festival di Torino non sono molto rosee. Un po’ perché dopo l’avvento del festival di Roma, i cosiddetti festivalucci dinosauri che vivacchiavano sulla scorta della celebrità di un tempo o che erano piccoli feudi di potere (vedi Taormina=Laudadio) sono stati spazzati via. E Torino per ora appartiene a questa specie di dinosauri in estinzione. Ma sulla terra ci sono ancora lucertoloni che provengono da ere geologiche lontanissime. Si sono evoluti, si sono adattati all’ambiente. Anche il nostro festival potrebbe farlo. Ma vorrà farlo? Se c’è la volontà di salvare il festival, bisogna ripartire da chi lo fa e dalle idee. Ci vorrebbe un personaggione della cultura, non necessariamente del cinema, che con distacco quasi sornione tiene a bada ‘sti torinesi che fanno a guardie e ladri, e che si vantano di essere i più lavoratori al mondo. Eh sì, perché un altro tabù da spazzare via all’ombra della Mole è quello del lavoro. Il torinese lavora solo lui, lavora tanto! Non gli piace apparire, ma se non lo guardano si offende. Ora, è ormai un fatto assodato che tutti chi più chi meno per campare debbano lavorare. Non solo, ma lavorare tanto non significa niente. Si può lavorare meno ed essere molto più incisivi ed innovatori, ad esempio. Ora forse Moretti poteva essere il nostro deux ex machina, super partes. Forse. Ma forse non era poi così super partes, non voleva esercitare la sua autorevolezza e diciamolo pure tirare fuori le palle per fare piazza pulita dei vecchi cortigiani del festival e di piccoli riti da corte di Versailles ormai fuori dal tempo. Forse doveva mettere solo la sua faccia per lasciar fare a Barbera e Della Casa. E non sarebbe stato proprio un gran cambiamento. Etichette: Festival Inserito da ottoemezzo a-live alle 12:073 Commenti: |
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In effetti un ritorno all'era Barbera Della Casa avrebbe fatto sicuramente meglio al festival. Ma più che di cambiamento allora dobbiamo parlare di restaurazione.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Il commento di prima, che non avevo riletto, (cosa che purtroppo è una mia pessima abitudine), era pieno di "refusi" e mi sono sentita in dovere di eliminarlo.
Ci riprovo.
Ciò che scrivi è vero e sconfortante, tuttavia, credo che non sia un problema esclusivo del Torino Film Festival. Ritengo che si tratti di qualcosa che è intimamente connesso con l'italianità.
Purtroppo sembra che nel nostro Paese i soliti gruppi di potere debbano controllare sempre ogni cosa. Ogni cambiamento è salutato come un evento funesto e si fa di tutto per sabotarlo, affinchè i detentori del potere decisionale non siano mai spodestati dai loro troni.
Complimenti per il blog.