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13 aprile 2007
“Gli Innocenti”: ultimo atto di Per Fly sulla società danese

di Marzia Apice

Dopo “La panchina” e “L’eredità”, Per Fly presenta “Gli innocenti”, l’ultimo capitolo della trilogia che lo ha visto impegnato negli ultimi anni a descrivere la società danese attraverso le differenti classi sociali. Questo film, oltre a confermare il noto talento dell’autore, fornisce l’ennesima prova della validità della scuola sviluppatasi in Danimarca che da diverso tempo produce pellicole interessanti e mai banali, profondamente radicate nelle problematiche contemporanee.
La consapevolezza di se stessi, il senso di colpa, la complessità della verità e, di contro, l’estrema facilità con cui si può cadere nella menzogna sono tutti temi cardine del film.
Carsten è un uomo di mezza età, docente di scienze sociali, che ha una relazione extraconiugale con Pil, sua allieva all’università. Fin qui tutto banale, se non fosse che la ragazza traduce la passione e l’impegno politico che Carsten le ha insegnato in una vera e propria attività terroristica. Una notte, durante un’azione di boicottaggio contro un’industria di armi,Pil uccide un poliziotto. Scoppia una bufera nella vita di Carsten: la moglie Nina e il figlio gli volteranno le spalle. L’uomo sceglie di stare accanto a Pil, che nel frattempo è stata rinchiusa in carcere, consigliandole di non dire la verità, e quindi di dichiararsi innocente, costi quel che costi. Una volta prosciolta, Carsten e Pil cominciano a vivere insieme. Ma, da quel momento in poi, i rimorsi e i rimpianti saranno implacabili.
Niente potrà più essere come prima.
Ancora una volta, Per Fly affida il ruolo del protagonista è all’intenso Jesper Christensen, mentre la parte femminile è interpretata dalla giovane Beate Bille. Accanto a loro anche Pernilla August, attrice di bergmaniana memoria.
“Gli innocenti” è un film scomodo, difficile, che chiama in causa la coscienza dello spettatore in modo diretto e deciso, con un giusto approccio ad un tema critico come il terrorismo. La classe media, di cui anche il regista fa parte, ne esce divisa a metà, imbrigliata in una crisi che la vede da un lato desiderosa di agire perché ancorata a degli ideali ormai passati e, dall’altro, incapace di fuggire dall’impasse, perché timorosa di prendersi le proprie responsabilità.
Da vedere.

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