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24 agosto 2006
Paramount-Cruise: mission impossible



Non è passato molto tempo da quando l’autorevole rivista “Forbes” aveva definito Tom Cruise la star più potente di Hollywood.
L’attore in questi giorni continua a interessare la stampa internazionale, ma stavolta a fare notizia non sono gli incassi stratosferici dei suoi film, né le sue esternazioni sopra le righe, ma il fatto di aver incassato – neanche troppo sportivamente – un bel due di picche da parte della Paramount.
Dopo un sodalizio di quasi tre lustri, Sumner Redston, numero uno della Paramount Viacom,dalle colonne del “Wall Street Journal”, ha dato il ben servito alla star.
La motivazione ufficiale sarebbe il comportamento scorretto di Cruise, come personaggio pubblico.
E’ vero che Cruise nell’ultimo decennio è stato per la Paramount una specie di gallina dalle uova d’oro, ma nell’ultimo anno l’attore a forza di decantare i dogmi di Scientology (arrivando persino a dire di essere intenzionato a mangiarsi la placenta della compagna Katie Holmes), di ridicolizzare colleghi, come Brooke Shields, reduce da una brutta depressione post parto e non ultima di esporsi lui stesso al ridicolo, saltando come un macaco in diretta tv sui divani dello show di Ophra Winfrey per dimostrare il suo folle amore per la Holmes, ha inferto un duro colpo alla sua immagine.
Se poi aggiungiamo che il suo ultimo film “Mission Impossibile III”, non è stato un fiasco, ma ha incassato una cifra al di sotto delle aspettative della Major, si comprende meglio il motivo di questa clamorosa rottura.
Da parte sua il divo non ha incassato il colpo con filosofia. L’attore è proprietario, assieme alla sua agente della casa di produzione Cruise – Wagner, che aveva un contratto con la Paramount. L’accordo prevedeva lussuosi uffici negli storici studios, più un cospicuo gruzzolo (6 milioni di dollari all’anno) per lo sviluppo di progetti cinematografici. In più Cruise si portava a casa il 20 per cento degli incassi dei film da lui prodotti e distribuiti dalla Paramount. Sembra che negli ultimi tempi l’attore volesse alzare il tiro e portare il fondo accordatogli dalla major a 10 milioni di dollari. E qui alla Paramount si sono fatti due conti in tasca.
Del resto a Hollywood sta sempre più prendendo piede l’idea che le star siano diventate troppo onerose e poco remunerative. In effetti molti film tra i blockbuster degli ultimi anni non hanno cast stellari. Per esempio, prima de “Il signore degli anelli” chi mai aveva sentito parlare di Orlando Bloom? E anche i protagonisti di “Harry Potter” erano degli illustri sconosciuti. A raccogliere consensi non sono tanto i divi, quanto le pellicole basate su fenomeni letterari.
Tornando a Cruise, per tutta risposta l’attore ha fatto sapere che in realtà è stato lui a voler chiudere la collaborazione con Paramount. E sostiene di aver già ottenuto almeno cento milioni di dollari da due hedge funds. Non è dato ancora sapere i nomi dei fondi che appoggeranno Cruise, ma intanto sulla prima pagina del “Wall Street Journal” di oggi campeggia il commento “per gli hedge funds aiutare Tom Cruise potrebbe rivelarsi un business rischioso”. E non solo perché il suo talento di attore è ormai un po’ sbiadito dalle sue piccole manie da bravo ragazzo. Sempre sul “Wall Street Journal” si rileva che alcuni fondi speculativi sono rimasti un po’ scottati dal cinema. Sono pochi infatti gli investimenti che si sono rivelati veramente redditizi in questo settore.


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09 agosto 2006
Festival OST - una giornata per celebrare Wim Wenders


Con un po’ di ritardo dovuto alle ferie e alla calura che scioglie i tasti del computer, ecco un nuovo articolo su un evento interessante e coinvolgente. Luglio 2006, esordisce a Reggio Emilia il primo festival italiano dedicato interamente alle colonne sonore; il Festival OST – Original SoundTrack si è svolto dal 15 al 30 luglio e ha visto esibirsi grandi musicisti cinematografici quali Luis Bacalov, Michael Nyman e Ludovico Einaudi. Ma soprattutto ha avuto in programma una giornata tutta dedicata a Wim Wenders: alle 18, nella Media Hall dell’Università, il grande regista tedesco ha tenuto una conferenza chiamata Music Saved My Life, mentre alle 21.30 l’elegante cornice di Piazza Prampolini ha fatto da sfondo alla Buena Vista Social Night, un suggestivo omaggio multimediale dedicato ai suoi film e alle emozioni che ci hanno regalato.
Il nome della conferenza è preso da una frase che incautamente Wenders aveva pronunciato qualche anno fa: «Una volta in un’intervista dissi con leggerezza “Rock'n'roll has saved my life”. Nessuno si accorse che avevo citato Lou Reed, e da allora ho dovuto spiegare un'infinità di volte perché avevo detto così e perché la musica ha un ruolo tanto importante nella mia vita». E ancora una volta, davanti ad un pubblico di appassionati, il regista è stato prodigo di aneddoti e concetti per esaminare il complesso rapporto fra i suoi film e le sue colonne sonore.
Non è un caso, dunque, che la conferenza sia stata seguita da una serata in cui la musica ha affiancato le immagini dei film di Wenders in maniera innovativa e poetica: in piazza Prampolini, le composizioni della pianista jazz Rita Marcotulli si sono sovrapposte all’opera visiva del vj Marco Ruffatti, famoso per “remixare” immagini prese da vecchi film, in modo da ricrearne il ritmo assecondando la musica che le accompagna dal vivo. L’effetto scenografico è fortissimo: le immagini wendersiane vengono proiettate su uno schermo posto dietro il pianoforte e le sculture di basalto (“sculture sonore”) realizzate e suonate dallo scultore Pinuccio Sciola dalla Marcotulli; anche i palazzi sulle pareti della piazza sono inondati di immagini, sicchè essa pare essersi trasformata in un teatro (vedi foto di Riccardo Sai; la foto è pubblicata per gentile concessione dell'autore).
In programma ci sono cinque pezzi musicali tratti dagli ultimi album della musicista: sulle prime note di questa composizione introspettiva e delicata scorrono i paesaggi desolati di Paris, Texas, in una copia (digitalizzata) dalla fotografia fané e dalla pellicola rovinata; è particolarmente dolce, in questo contesto multimediale reso possibile solo dall’ultima tecnologia, notare le piccole imperfezioni della pellicola, un medium a cui saremo sempre meno abituati.
Più tardi, una splendida cover di Us And Them dei Pink Floyd, che la Marcotulli esegue al piano mentre Sciola fa risuonare le sculture sonore sfregandole l’una contro l’altra, accompagna e fa danzare le sequenze più poetiche de Il Cielo Sopra Berlino e le visioni oniriche di Fino Alla Fine Del Mondo; queste ultime in particolare risultano straordinariamente efficaci. Gli ultimi due pezzi sono più emotivi e da lontano richiamano rispettivamente Michael Nyman e Keith Jarrett; il remix di Ruffatti, coerentemente, si concentra ancora su Paris, Texas: l’incontro fra madre e figlio, il filmato in Super8.
Dopo la splendida esibizione Marcotulli-Ruffatti, il clima si fa meno raffinato ma più caldo: è la volta della Banda de Santiago de Cuba, in cui la musica diventa protagonista assoluta. Nella Banda, che conta più di un secolo di vita, aveva a suo tempo militato anche Compay Segundo, protagonista di Buena Vista Social Club, come clarinettista; a lui è dedicato il pezzo finale, quando ormai tutto il pubblico è in piedi a ballare. Anche Wim Wenders e sua moglie Donata ballano: il regista così contraddice la sua immagine di intellettuale schivo e si dimostra disponibile e gentile, anche quando i fans lo assalgono per avere un agognatissimo autografo. D’altronde, Reggio Emilia stasera gli ha tributato un omaggio affettuoso, ricco di emozione e di allegria: speriamo che serate come queste servano al Festival OST a crescere sempre di più.

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